SCUOLE MEDIE SUPERIORI
Giovedì 16 dicembre 2021 ore 10.30
MILES GLORIOSUS
Gli adulatori sono simili agli amici come i lupi ai cani
Di Tito Maccio Plauto
Traduzione e regia Marinella Anaclerio
Con Flavio Albanese (Palestrione), Stella Addario (Milfidippa/schiavetto), Antonella Carone (Acroteleuzio), Giuseppe Ciciriello (Pirgopolinice, il Miles), Valentina Bonafoni (Filocomasio), Loris Leoci (Artotrogo/Carione), Tony Marzolla (Pleusicle), Luigi Moretti (Perplectomeno), Dino Parrotta (Sceledro)
Scena Pino Pipoli
Costumi Stefania Cempini
Disegno luci Mauro Marasà
Assistente alla regia Antonella Ruggiero
Foto Michele Calocero
Produzione Compagnia del Sole
Durata: 110 minuti
AL TERMINE DELLO SPETTACOLO LA COMPAGNIA INCONTRERÀ IL PUBBLICO PER APPROFONDIRE LE TEMATICHE AFFRONTATE.
Nelle mattinate di martedì 14 e mercoledì 15 dicembre la compagnia è disponibile ad organizzare un incontro di 50 minuti all’interno di uno o più istituti scolastici che ne facessero richiesta dal titolo La figura del Miles da Plauto a Pasolini, previa prenotazione di un minimo di 80 posti per una qualsiasi delle repliche dello spettacolo da parte degli istituti interessati. Per informazioni: Ufficio Scuole Teatro Carcano.
Prenotabile/in vendita dal 22 febbraio

Pirgopolinice è un fantastico sbruffone, un gioioso pavone, esagerato, spudorato, vitale. La distanza tra ciò che è e ciò che crede di essere è tale da irritare profondamente chiunque abbia un po’ di buon senso. Ci sono tempi in cui un personaggio come il suo, perfino sulla scena è troppo, risulta distante da qualsiasi possibilità di riflesso nella realtà, senza dunque il mordente necessario per far scattare nello spettatore quel meccanismo di godimento nel veder messo in ridicolo un vizio che subisce. Ci sono tempi invece, ahimè, in cui la realtà supera di gran lunga la favola e il povero Pirgopolinice è un ritratto a tinte forti di ben più consapevoli e colpevoli vantoni…
In una Efeso simile all’originale quanto l’ambientazione di certi spaghetti western al Far West, si consuma la tragicomica truffa di un gruppo di sfaccendati di vario genere ai danni di un soldato, che ha due debolezze: le donne, meglio se sposate, ed essere adulato. Ha una divisa, dunque un potere, e molti soldi, che dispensa generosamente per soddisfare questi peccatucci. Do ut des. Normale. Perché tutti dunque lo odiano? Ha rapito e tiene segregata una giovane meretrice, e tedia chi lo circonda millantando senza posa meriti ed imprese. Tutti fingono simpatia e perfino amore nei suoi confronti, pur di ottenere da lui mance ed incarichi, tutti pronti a godere nell’improvvisare vere e proprie recite in favore del credulo pavone, ma pavoneggiandosi a loro volta della loro abilità nel sostenere il ruolo stabilito: l’amico fidato, il servo fedele, il vicino premuroso, la fidanzata amorevole e così via. Così la strada diventa scena e il teatro da mezzo diventa fine e le parole di Giulietta si mescolano a quelle di Ofelia in un pot-pourri da serata d’onore. Ne risulta una gara tra attori consumati dove l’unico spettatore pagante, in conclusione, viene imbrogliato, derubato e malmenato. L’eccesso è sempre un vizio… a prescindere dal contesto.
Non si può certo definire Plauto un moralista di quelli che per punire il vizio chiama in causa la virtù; semmai un cinico commediante, che da commediante racconta di gente che, non vedendo in giro molti ideali per cui valga la pena essere coerenti, cerca di sopravvivere e divertirsi, e forse anche di vendicarsi un po’ di essere costretta a recitare per vivere… Ed è questo piacere dell’attore, questo gusto per la citazione teatrale, sempre in agguato nel testo, che ha comportato per me il principale obbiettivo nel costruire il gioco scenico. Insomma, una commedia adatta ai tempi di grandi commedianti in cui viviamo. La struttura linguistica delle commedie plautine è incredibilmente varia: parti in prosa, recitativi ed “arie”, i cantica appunto, dei quali le partiture sono andate perdute. Ho cercato di rendere tale ricchezza lavorando ad una traduzione drammaturgica, cioè una traduzione che fosse già una proposta di regia, forzando in alcuni casi l’assetto di un personaggio in funzione della resa generale del testo.
Marinella Anaclerio
COSA SCRIVE LA CRITICA
«Temi eterni del teatro, di cui la regia evoca con discrezione parentele e affinità, con altri “dissoluti puniti” o anche italiane in Algeri. Con leggerezza e nessuna pedanteria, così che la risata costituisca ed evochi risposta politica ad angherie e soprusi di forza brutale. O a certi diktat grossolani, ogni giorno destinati a venir superati da ancor più roboanti iperboli. Plauto lo scriveva 2000 anni fa, oggi ci fa più orrore che fastidio quel Miles minaccioso e infoiato di vanità, perfidamente gabbato e sconfitto dal servo furbo (vero protagonista e artefice della commedia plautina) che ha la saggezza fascinosa e sorniona di Flavio Albanese, e dal “vicino di casa” spazientito e complice di Luigi Moretti».
(«Il Manifesto» – Gianfranco Capitta)
«[…] una minuziosa operazione di equilibrio tra traduzione e tradimento, che riproduce il ritmo straordinario delle battute e quello chirurgico della struttura, nella quale si alternano “a parte”, scene a due e complicati intrecci di profondità che potrebbero essere state trasportate sul Carro di Tespi, rendendo appuntite le battute fondamentali […].
[…] uno splendido esempio di “teatro popolare d’arte”, una “commedia umana” che dovrebbe e potrebbe tornare a essere un modello contemporaneo».
(Teatro e Critica – Sergio Lo Gatto)
«[…] Marinella Anaclerio mette mano al testo dell’autore latino e ne esalta ritmi, ne rinviene colori. Il risultato non delude le attese. […] prende vita una messinscena tumultuosa che cita e scaglia strali ridendone beffarda».
(«Il Quotidiano di Bari» – Italo Interesse)
«Mille e mille le trovate del testo, riscritto dalla regista Marinella Anaclerio, con riferimenti e strizzate d’occhio che variano […] La verve e il divertissement maturano e crescono mano mano che procede lo spettacolo, in un crescendo farsesco assecondato dagli attori: il Miles è un preciso Claudio Castrogiovanni, grande e buffonesco vilain, ottimo; così arruffone tuttofare è Flavio Albanese, il Palestrione saputo e sapido da Commedia dell’Arte pop. Tutti bravamente in parte i componenti del numeroso cast […]. Molte risate, molti applausi […]».
(«La Gazzetta del Mezzogiorno» – Pasquale Bellini)
Articoli e recensioni
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